UNA QUESTIONE MONDIALE

La “questione mondiale del pensiero – ha scritto Heidegger – è quella di cercare cammini per i quali il pensiero sia in grado di corrispondere a ciò che è degno di essere pensato” (M. HEIDEGGER, Il principio di ragione, Adelphi, Milano 1991, p. 218). Sembra che ciò possa avvenire solo in contrapposizione al pensiero calcolante che, recentemente, ha prodotto l’intelligenza artificiale, ma non è così, come cercherò di dimostrare. Si badi, non è solo una questione di responsabilità morale e regolamentazione giuridica, è una questione essenzialmente filosofica: si tratta cioè di mettere in discussione il mito della “volontà di potenza”, che deve a Nietzsche la sua originaria apparizione, ma che affonda le sue radici nella supremazia platonica dell’idea del bene e nell’eudemonismo socratico.

Si tratta, dunque, di ritornare alla pura contemplazione dell’Essere parmenideo? No, perché prima di Socrate non c’è solo Parmenide, ma anche Eraclito, al quale premeva più il divenire dell’essere. Il divenire è stato poi sistematicamente elaborato, in età moderna, da Hegel attraverso la sintesi dialettica di essere e non essere. Purtroppo, Heidegger, pur avvertendo il problema della restaurazione del primato del vero sul bene, è finito in un cul de sac a causa del suo intransigente ontologismo, cioè della sua ostinata quanto sterile ricerca dell’essere, puro essere. La stessa sorte è capitata al nostro Severino, convinto sostenitore dell’eternità di tutte le cose, le quali non provengono dal nulla e non ricadono nel nulla, ma semplicemente entrano ed escono dallo schermo dell’apparire: assurdo! Gli è che sia Heidegger sia Severino sono prigionieri di un antihegelismo preconcetto che li ha condotti fuori strada.

Viceversa, Giovanni Gentile ha gettato le basi di un sano neohegelismo, nel quale il pensiero umano celebra la sua imperitura grandezza, a dispetto sia del relativismo pragmatico oggi imperante sia dell’ontologismo ormai declinante, nonostante i due portentosi tentativi di rianimazione compiuti da Heidegger e Severino. Il cammino da intraprendere, dunque, è quello indicato da Gentile col suo attualismo, cioè col radicamento della dialettica hegeliana nell’atto stesso del pensare, autentico punto d’appoggio capace di sollevare il mondo, come avrebbe detto Archimede.

Il mondo si può sollevare e risollevare solo riscoprendo il valore del pensiero pensante, di cui fa parte anche quello calcolante e quindi l’intelligenza artificiale, a condizione però che quest’ultima non miri a sottomettere tutto a sé. Naturalmente la riscoperta della filosofia gentiliana è un processo dialettico che richiede un lungo e tormentato travaglio, perché nella storia della filosofia la verità è stata spesso bistrattata proprio dai suoi protagonisti più acclamati e osannati.

In che modo, allora, si può rispondere alla sfida dell’intelligenza artificiale? Evidenziando la differenza specifica rispetto all’intelligenza vera e propria, che è umana e divina al tempo stesso. E questa differenza consiste nella capacità di autotrascendersi, cioè nel passaggio autocosciente dall’umano al divino e viceversa, perché non ci si autotrascende soltanto verso l’alto, ma anche verso il basso (vedasi incarnazione del Verbo). La macchina non sarà mai capace di autotrascendersi, perché non sa di sapere e non sente di sentire, non è cioè autocosciente e non lo sarà mai. Potrà fingere di esserlo, come si possono confezionare foto fasulle, e su questo versante è bene non abbassare mai la guardia, ma resterà un automa, una statua con dentro un motore non immobile, condizionato da altri motori e progettato, realizzato e pilotato da esseri umani. Non dobbiamo dunque aver paura dell’intelligenza artificiale, ma cercare un “supplemento d’anima” (Bergson), in grado di rivitalizzare quella cultura umanistica alla quale spetta il compito di governare l’ennesima conquista tecnologica del Sapiens.

Questa voce è stata pubblicata in Articoli.

4 commenti su “UNA QUESTIONE MONDIALE

  1. Sergio Rossi ha detto:

    Aldo Simone solleva una questione attualissima e molto dibattuta, quella della intelligenza Artificiale, con la quale si dovrà sempre più fare i conti. Secondo alcuni essa faciliterà la nostra vita futura, secondo altri la condizionerà anche pesantemente. Ad ogni modo non si potrà sfuggire a una invadenza sempre maggiore di questa ‘intelligenza’ dal momento che l’uomo delegherà delle mansioni, ma anche delle funzioni, alle macchine ‘pensanti’ per ‘sollevarlo’ sempre più dalle sue fatiche. Un po’ come le macchine a partire dalla rivoluzione industriale.
    La tecnologia, le macchine, come la macchina a vapore, hanno moltiplicato la forza dell’uomo e soprattutto hanno accelerato grandissimamente il processo di sottomissione della natura: Il decollo della borghesia e dello spirito capitalistico hanno avuto una funzione sommamente rivoluzionaria.
    Tuttavia la volontà di dominare e sottomettere la natura ha origine in un lontano passato. Infatti è nel libro della Genesi che Dio dà questo ordine/invito ai primi uomini. La disponibilità di schiavi prima e poi dei servi della gleba ha in un certo senso contenuto questa spinta al dominio della natura. Ma con la nascita della scienza moderna, della tecnologia e ovviamente dello spirito del capitalismo, la brama di ricavare sempre più profitto dallo sfruttamento delle risorse naturali si è fatta inarrestabile.
    Con Cartesio abbiamo la distinzione tra il pensiero razionale, matematico (res cogitans) e la materia inerte percorsa dal movimento (res extensa), di cui anche il corpo umano con le sue affezioni e passioni fa parte. La volontà di sottomissione della natura ( e dell’uomo nella sua dimensione corporea) riceve una piena legittimazione. Lo sviluppo capitalistico, dove il profitto è fine a se stesso, vede il saccheggio della natura, ma anche la negazione del sogno di redenzione della gran parte degli uomini che la tecnologia renderebbe possibile. Lo spirito freddo e implacabile di Robespierre si contrappone a un Danton, interprete della richiesta di felicità delle masse oppresse.
    L’uomo è ridotto a calcolo, come qualsiasi altro aspetto della natura. Diversamente dalla dialettica hegeliana, che vede lo sviluppo della storia avvenire attraverso salti e rotture, il positivismo vede il progresso umano come una progressione lineare resa possibile dalla scienza.
    Questo spirito capitalistico è caratterizzato dal freddo calcolo, dalla distruzione degli aspetti ‘romantici’ della vita (poesia, fantasia, emozioni…). Tutto ciò che esula dalla razionalità dell’accumulazione del denaro e della sua logica veniva è considerato residuo irrilevante.
    Tuttavia io mi chiedo se non esistono altre logiche diverse da quelle della razionalità capitalistica. Gli uomini sono di più di quanto guadagnano, gli uomini hanno sentimenti, provano gratificazioni che valgono più dei soldi che guadagnano, gli uomini possono sognare, amare, godere, dare la vita per un ideale… Direi anzi che a dare senso alla vita degli uomini sono soprattutto questi aspetti emozionali, che comprendono anche l’amore e anche l’amore per il sapere e per il pensiero. Lo spirito capitalistico mi sembra molto unilaterale. Max Weber nella sua analisi dell’etica protestante, che egli pone all’origine dello spirito capitalista, riconosce che i calvinisti vivevano, seppur benestanti, una vita ascetica e di rinunce pur di accrescere le proprie ricchezze da reinvestire. Ha detto quindi, a ragione che l’etica capitalistica è fondamentalmente ascetica. Anche la scuola di Francoforte attribuisce questo tratto di interiorizzazione della rinuncia allo sviluppo dello spirito capitalistico.
    Viviamo ora l’alba dell’avvento della Intelligenza Artificiale.
    L’Intelligenza Artificiale favorisce l’emancipazione degli uomini? Favorisce lo sviluppo integrale dell’uomo? Oppure ostacola il pensiero, la ricerca, l’indagine, l’originalità? Oppure riduce tutto a un minimo comun denominatore dominante e imprescindibile?
    Sicuramente l’essere circondati da macchine intelligenti ci può fare comodo: esse eseguono i nostri ordini, ci danno le informazioni che ci servono, ci risolvono e facilitano nello sbrigare delle pratiche. Possono anche trovarci la fidanzata giusta (o quasi: le persone non funzionano perfettamente come le macchine) se noi forniamo loro le nostre richieste. Possono indicarci anche lo stile di vita per vivere più a lungo, il che comporta il rispetto di certe regole di comportamento e la negazione anche delle piccole trasgressioni; ciò significherebbe avere un tutore molto assillante. Avremmo insomma una guida salda e sicura e questo anche dopo i diciotto anni.
    Non avremmo il fastidio di dover pensare per risolvere un dilemma o di dover fare delle scelte. “Nella loro riflessione gli uomini si vivono come puri spettatori, come spettatori passivi di un puro accadere” (già Horkheimer). Gli uomini verrebbero privati della loro materialità, della capacità di godere, di essere se stessi. Più ancora che negli uomini della ‘prima’ età delle macchine la loro vita assomiglierà a quella di autonomi.
    La loro vita, se vorrà avere un senso, lo troverà solo nello sfuggire al ferreo controllo delle macchine sorveglianti della Intelligenza Artificiale. Un bacio diventerà qualcosa di proibito. Si arriverà a condurre una esistenza come quella che si conduceva sotto il controllo supervisore e ideologico della chiesa, per la quale il 95 per cento dei desideri era peccaminoso e degno di punizione. La religione anzi tornerà di grande attualità per compensare la mutilazione che gli uomini subiranno.
    La paura di perdere il pane quotidiano impedirà forma collettive di ribellione. In ogni caso una ribellione (cioè un riemergere della speranza di un uomo integrale) sarà molto problematica in quanto il linguaggio utilizzato dall’Intelligenza Artificiale sarà controllato da pochissimi centri del potere, i quali con il loro linguaggio imporranno anche concetti, credenze, abitudini, pensieri, convinzioni a loro piacimento. Le menti saranno manipolate. Il capitale diventerà sempre più monopolistico e impersonale.
    La logica dei centri di potere coinciderà con il mantenimento dei privilegi e dello status quo. Rimarrà dominante questa logica, una logica positivista, volta al ‘miglioramento progressivo’, ma incapace e impreparata a affrontare nuove sfide che esulano dal suo campo visivo.
    Il tutto si baserà sul presupposto che nega contraccolpi imprevisti, quali una rivoluzione sociale (improbabile) oppure una guerra da parte di settori della popolazione mondiale non assimilata ( come le popolazioni islamiche), ma anche una (possibilissima) catastrofe ecologica.
    Ma intanto chiediamoci: quale sarà il senso della vita in questa (attualmente ancora ipotetica) società futura?
    Sergio Rossi

  2. aldosimone ha detto:

    Sergio Rossi si avvale degli strumenti concettuali messi a disposizione dalla prestigiosa Scuola di Francoforte per adeguare l’analisi marxista della società capitalistica ai nostri tempi e per affrontare la scottante tematica dell’intelligenza artificiale, di cui parlo nel mio articolo. Anche la citazione di Max Weber è finalizzata alla stigmatizzazione della società capitalistica. Si tenga però presente il fatto che Weber capovolge l’impostazione marxista, perché reputa la sovrastruttura (il calvinismo) in grado di generare la struttura (il capitalismo), mentre per Marx, semplificando, è la struttura che genera la sovrastruttura. Sergio, inoltre, non tiene conto del fatto che il capitalismo, nonostante le sue storture, non solo produce la quantità più ampia possibile di benessere per il maggior numero di persone altrettanto possibile, ma funge da “setaccio invisibile” rispetto alle invenzioni tecnologiche, decidendo quali di esse diventeranno innovazioni durature, in base al loro gradimento da parte dei consumatori (cfr. A. MANGARDI, “Capitalismo”, il Mulino): il che mi sembra abbastanza democratico, almeno tanto quanto deporre una scheda elettorale nell’urna. Gli è che non esistono soluzioni semplici a problemi complessi e qualunque sommovimento rivoluzionario a me sembra, oggi, del tutto velleitario. Piuttosto, bisogna lavorare alacremente sul terreno dell’informazione, come stiamo facendo adesso io e Sergio, per tentare, nei limiti del possibile, di sottrarre la comunicazione all’agire strumentale e restituirlo al libero confronto delle idee tra persone informate e responsabili. Anche questa un’utopia? Forse, ma un po’ meno di quell’altra!

    • Sergio Rossi ha detto:

      Il capitalismo ha sviluppato grandemente le forze produttive e questo è ovviamente un dato storico ovviamente positivo e che apre prospettive di emancipazione per l’umanità ( come ha evidenziato Marx). Il problema riguarda il controllo di queste forze produttive che si muovono di moto accelerato e che mutilano la natura ma anche l’uomo (o per lo meno l’uomo medo, il ’man’ di Heidegger.
      La stigmatizzazione del capitalismo non ha ovviamente una coloritura moralistica, ma tende a snaturarlo rispetto alle potenzialità che esso stesso ha creato. E inoltre anche il capitalismo ha diverse facce.
      Certo rimangono aperti molti interrogativi sollevati da Aldo. La ‘democraticità’ del capitalismo è simile alla mano invisibile di Smith e funziona intanto che le cose vanno bene. L’Intelligenza Artificiale non sarà mai tanto intelligente da indurre l’uomo a essere ragionevole e a non correre verso il baratro in quanto è l’uomo (alcuni uomini) a creare il suo linguaggio e l’orizzonte in cui muoversi. E la Cina che modello rappresenta?
      Sergio Rossi

  3. aldosimone ha detto:

    Il capitalismo digitale, perché di questo stiamo adesso parlando, ha rivoluzionato le nostre vite, migliorandole o peggiorandole? Se guardiamo ai megaprofitti dei colossi informatici, la risposta non può che essere negativa, se però consideriamo i vantaggi pratici che ciascuno di noi può trarre da queste nuove tecnologie applicate alla medicina, alla contabilità anche spicciola (prima dovevo andare in banca per prelevare e conoscere i miei movimenti bancari, oggi posso fare tutto da casa), alla trasmissione del sapere, ecc., la risposta non può non essere che positiva. Si tratta quindi di preparare un nuovo Umanesimo, digitale sì, ma pur sempre Umanesimo. Quanto alla Cina, la penso come Rampini: è il vero competitor dell’Occidente, mentre Putin rappresenta un sistema costretto ad evocare continuamente la minaccia atomica proprio perché debole economicamente. Che fare, allora? Premesso che la Storia dell’umanità non è stata mai, dico mai, facile e lineare e che non esistono panacee di nessun tipo, come la fine stessa della Storia intesa come preistoria (Marx) o come l’avvento di un cattolicesimo sociale che non è stato neanch’esso risolutivo quando ha avuto l’occasione di reggere le sorti dell’umanità o di una parte di essa, bisogna procedere con il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà, navigare a vista, coltivando i valori della civiltà nella libertà e combattendo quello che Benedetto Croce intendeva per Anticristo: l’irrazionalismo cieco!

Lascia un commento